La compensazione nelle procedure fallimentari: quando un credito può dirsi anteriore al fallimento

20 Settembre 2021 fpadovan 0 Comments

Nell’ambito delle procedure fallimentari, una norma di grande rilevanza pratica è l’articolo 56 R.D. n. 267/1942 (c.d. legge fallimentare), che permette ai creditori di compensare crediti e debiti nei confronti del fallito, anche in deroga al principio della par condicio creditorum, al ricorrere delle condizioni ivi previste.

In particolare, la norma citata prevede che “i creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento“; a prescindere dall’eventuale grado di privilegio del credito insoddisfatto, è quindi possibile per il creditore in bonis soddisfare i propri crediti verso il fallito compensandoli con eventuali debiti verso lo stesso, sino a concorrenza dei reciproci importi. La norma non richiede che crediti e debiti siano scaduti anteriormente alla dichiarazione di fallimento ma, riferendosi espressamente a “debiti verso il fallito” e crediti “verso lo stesso” implicitamente – ma assai chiaramente – esige che entrambi gli stessi siano sorti prima di tale pronuncia: diversamente, infatti, si tratterebbe di crediti e debiti non del fallito ma della massa creditoria.

Ai fini della corretta applicazione (o disapplicazione) della norma in commento, è quindi fondamentale collocare temporalmente il momento genetico dei crediti e debiti che si vogliono fare oggetto di compensazione; nel condurre tale operazione, l’interprete dovrà necessariamente tenere a mente che – come evidenziato – è invece del tutto irrilevante verificare se il compensando credito o debito sia anche divenuto esigibile prima del fallimento.

La distinzione tra il momento genetico di un’obbligazione ed il diverso momento della sua esigibilità, pur chiaro a livello teorico, spesso suscita però grandi incertezze applicative tra gli operatori del diritto. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un contratto di locazione immobiliare concluso dal fallito – proprietario dell’immobile – allorquando egli era ancora in bonis ed in seguito protrattosi anche dopo la sentenza di fallimento: per quanto concerne i canoni di locazione relativi alle mensilità anteriori all’apertura della procedura, nulla quaestio, ma che dire di quelli relativi alle mensilità successive? Si tratta di crediti sorti anteriormente o posteriormente al fallimento? Se si optasse per la prima ipotesi, la controparte in bonis potrebbe compensare il proprio debito per tali canoni con eventuali crediti nei confronti del fallito, sino a concorrenza dei rispettivi importi; qualora, invece, si ritenesse di sposare la seconda, egli dovrebbe corrispondere integralmente i canoni di locazione per le mensilità successive alla dichiarazione di fallimento e contestualmente proporre apposita domanda di ammissione al passivo in relazione al proprio credito, da soddisfare in moneta fallimentare. Come si vede, le ricadute pratiche dell’aderire ad una tesi anziché all’altra possono essere assai rilevanti.

Con particolare riguardo all’ipotesi oggetto dell’esempio appena illustrato, tuttavia, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 24046 del 25.11.2015, ha chiarito che “il titolo del credito per i canoni è il preesistente contratto di locazione … i termini per la corresponsione delle rate del corrispettivo attengono all’esigibilità di un credito che ha la sua genesi nel contratto di locazione“, in tal modo ribadendo che possono essere oggetto di compensazione anche i canoni relativi alle mensilità successive alla dichiarazione di fallimento, qualora il relativo obbligo di pagamento scaturisca da un contratto ad essa anteriore (conforme: Cass. Civ. 825/2015 e 26320/2019 e, nella giurisprudenza di merito, tra le molte, Trib. Firenze, decreto 29.01.2018 e sentenza 05.12.2007, e C. Appello Firenze, n. 35/2017).

Sulla scorta di tale autorevole insegnamento giurisprudenziale, è quindi possibile ritenere applicabile l’istituto della compensazione, di cui all’art. 56 l. fall., anche qualora il debito nei confronti del fallito sia costituito da canoni di locazione, o altra prestazione periodica, scaduti successivamente alla dichiarazione di fallimento, purché il contratto da cui traggono origine sia anteriore a tale momento, giacché è solo al momento della conclusione del relativo contratto che occorre fare riferimento al fine di stabilire se sussista l’anteriorità del debito rispetto al fallimento, necessariamente richiesta dalla norma in esame.